Considerazioni preliminari sull’utilizzo del cavallo
Già gli egizi e i greci l’avevano nelle loro tradizioni, che l’andare a cavallo porta con sé una quantità di sensazioni benefiche:
- produce senso di indipendenza,
- offre stimoli acustici, visivi, tattili ed olfattivi particolari,
- stimola l’attenzione e la volontà,
- rafforza il senso di sé,
- induce sentimenti di rispetto e di collaborazione oltre che molte vibrazioni affettive e timologiche.
Proprio per queste considerazioni è quasi lapalissiano che una “buona cavalcata” sia benefica per tutti, dai bambini ai vecchi e che possa essere utile a migliorare disturbi come svogliatezza, riduzione dell’umore, vaghe ansietà, spunti nevrotici e psicastenici.
I fattori benefici dell’andare a cavallo (applicazione ludico-addestrativa) e di godere della sua cullante andatura (applicazione ludico-ricreativa) sono ben dimostrabili oltre che molteplici tra cui:
- il rafforzamento della tonicità muscolare e della coordinazione dei movimenti;
- la stimolazione dell’attenzione e della tenuta sul compito;
- la necessità di imparare gli ordini da trasmettere con precisione all’animale;
- la fermezza nel prendere le decisioni;
- il coraggio per affrontare le situazioni difficili ed impreviste;
- la necessità di saper orientarsi nello spazio, nel tempo e nella velocità;
- il bisogno di memorizzare con esattezza le strategie per districarsi da situazioni imposte dall’esercizio;
- aumentare l’equilibrio;
L’equitazione può anche risultare un ottimo mezzo per attivare relazioni interpersonali, per far conoscenze ed amicizie, per dilatare la coscienza ed il proprio Sé al futuro, può servire alla programmazione delle proprie attività.
Anche nel “lavoro a terra” (accudire ai bisogni dell’animale) il cavaliere impara a sviluppare doti importanti come:
- riconoscere i bisogni dell’altro e rispettare le sue idiosincrasie;
- prestare attenzione ai propri movimenti ed alle proprie azioni che possono anche provocare reazioni poco piacevoli;
- imparare a usare movimenti ben coordinati e precisi;
- saper dedicarsi all’altro con un atteggiamento si servizievole aiuto;
- capire di dover investire nel benessere dell’altro per ottenere dei vantaggi;
- raggiungere una sicurezza in se stessi.
Non dobbiamo dimenticare poi i benefici che si possono trarre dal vero e proprio cavalcare:
- vedere il mondo da un’altra prospettiva temporo-spaziale che aiuta ad allargare la propria coscienza;
- saper acquisire visibilità che è saper osservare ed anche farsi vedere dall’altro;
- vivere sensazioni di soddisfazione nel raggiungere gli obiettivi mediati dalla guida del cavallo;
- capire di essere in grado di affrontare anche i comportamenti imprevedibili del “compagno” che è pur sempre un animale;
- imparare la tolleranza oltre che la volontà necessaria per raggiungere le proprie mete;
- comprendere come un determinato obiettivo si può raggiungere solo facendo collimare e coordinare i movimenti propri con quelli del “proprio destriero”;
- riconoscere la necessità di vivere nel qui e ora, lasciando perdere elucubrazioni, fantasie, insognazioni e distrazioni pericolose;
- scoprire il vero senso dell’equilibrio psichico e della capacità di orientarsi nello spazio e nel tempo, oltre che la metafora che vuole che la via più breve non è quasi mai quella diritta.
È evidente che tutte queste osservazioni portano a far concludere che l’equitazione, nel suo complesso, può risultare veramente utile per ritrovare e migliorare quel senso di rapporto con se stessi che è fondamentale per saper governare il proprio corpo e sviluppare la propria mente.
Tutti questi benefici sono però raggiungibili solo quando interviene la guida della mente umana che sa scegliere, pianificare, progettare, promuovere, indirizzare, prevedere, valorizzare, desiderare, volere, ecc. ecc., quando il cavaliere è una persona “normale”, cioè con le proprie capacità psico-mentali attive ed intatte, è la sua mente che genera l’efficienza e l’efficacia.
Ben diverso è il tema quando il cavaliere non possiede tutte le qualità necessarie per “creare” i benefici dell’andare a cavallo.
In questi casi, però, detti benefici possono essere recuperati ricorrendo all’ippoterapia, il cui compito non è quello di risolvere problemi medici, ma di dare o ridare al soggetto quelle qualità psico-affettive e psico-cognitive che supportano il senso di sé, il senso di valere e di potere, l’auto-soddisfazione, le capacità analitico-deduttive, il rispetto degli oggetti e delle persone, lo spirito di collaborazione, l’altruismo, la generosità, l’equità e la riconoscenza.
L' ippoterapia (dal gr. Huppos = cavallo e therapeia = cura), meglio detta terapia con il mezzo del cavallo (abbreviato TMC) è l’insieme di tecniche mediche che utilizzano il cavallo per migliorare lo stato di salute di un soggetto umano.
Si può definire riabilitazione equestre l’insieme di quelle tecniche che sfruttando in vario modo il rapporto che si instaura tra il paziente e il cavallo, secondo un programma terapeutico specifico, determinano un miglioramento della sua autonomia.
Cenni storici
Benefici effetti correlabili all’uso del cavallo furono intuiti in epoche remote e la prescrizione dell' equitazione a scopo terapeutico si riscontra già nell’opera di Ippocrate di Coo (460-370 a.C.). In tempi moderni lo studio di questa particolare metodologia viene riproposta in termini scientifici negli anni sessanta ed attuata soprattutto nei paesi a più alta tradizione equestre, come Gran Bretagna, Belgio, Germania, Stati Uniti, Nuova Zelanda.
In Italia, l'ippoterapia è stata introdotta, in modo coerente e metodologicamente corretto, da Daniela Nicolas-Citterio negli scorsi anni ’70.
Presupposti scientifici
L’effetto terapeutico della riabilitazione equestre si basa sul particolare rapporto dialettico che si instaura tra il soggetto ed il cavallo, fondato su un linguaggio prettamente motorio, ricco di sensazioni piacevoli e rassicuranti, estremamente coinvolgenti sotto il profilo emotivo.
Fino dalle fasi iniziali, a terra, la conoscenza dell’animale e del suo ambiente, il suo accudimento rappresentano la concretizzazione di quelle fantasie particolari evocate dal cavallo in quanto animale fortemente simbolico del super-io, contribuendo ad instaurare senso di fiducia e di sicurezza, che troveranno ancora maggiore stimolazione nella fase successiva del montare a cavallo.
L’assetto specifico del montare a cavallo rappresenta una vera e propria correzione globale contro gli schemi posturali patologici ( abduzione, semiflessione ed extrarotazione delle anche oltre alla flessione delle ginocchia e delle caviglie contrastano la tendenza alla estensione, all’adduzione, all’intrarotazione, all’equinismo ).
Il movimento ritmato ed oscillatorio tipico del cavallo determina sul paziente una molteplicità di stimoli afferenti sensoriali e sensitivi, in specie propriocettivi, che interessano il bacino, il rachide e i cingoli con stimolazione dei sistemi di equilibrio e dei meccanismi di raddrizzamento e di coordinazione.
Nel progredire del percorso riabilitativo, ove questo sia possibile, aumenta la capacità di progettare ed organizzare il movimento (conoscenza spazio-tempo), il controllo della propria emotività, il sentimento di fiducia e di autostima, l’inserimento sociale.
Descrizione e fasi
L'ippoterapia consiste nella induzione di miglioramenti funzionali psichici e motori attraverso l’attento uso dei numerosi stimoli che si realizzano nel corso della interazione uomo-cavallo. Si avvale di soggetti equini adatti allo scopo (cavalli malati, zoppi, rigidi, di taglia insufficiente o eccessiva, troppo nevrili o troppo indolenti, troppo giovani o troppo anziani, non soltanto risultano poco utili ma possono essere contro-producenti). È necessaria una specifica selleria mentre per il paziente non è previsto un particolare abbigliamento, proprio perché si tratta di sedute di terapia e non di concorsi di equitazione.
Si distinguono quattro fasi fondamentali:
• "Maternage": Può essere considerata una fase preliminare del paziente che, insieme al terapista, comincia il suo approccio al cavallo;
• Ippoterapia propriamente detta: Consiste nella somministrazione degli esercizi terapeutici al soggetto malato che non si occupa direttamente dei movimenti e degli altri stimoli provenienti dal cavallo ma a questi risponde automaticamente; Questa fase è tanto più efficace quanto più attenta è la scelta e la progressione degli esercizi somministrati dalla equipe medica.
• Riabilitazione equestre: È una fase avanzata della cura. In essa il paziente controlla direttamente il cavallo attraverso le proprie azioni;
• Re-inserimento sociale: Punto di arrivo ottimale di tutto il programma terapeutico, il re-inserimento sociale può essere realizzato attraverso il mezzo del cavallo in quella parte dei pazienti che abbiano superato i deficit psico-motori originari che erano di ostacolo alla piena affermazione della persona.
Il programma riabilitativo deve essere preparato, monitorizzato e periodicamente verificato in rapporto agli obiettivi prefissati, con un approccio multidisciplinare che prevede figure specialistiche eterogenee (medici specialisti, terapisti della riabilitazione, istruttori di equitazione, operatori socio-sanitari, volontari specificatamente preparati, ecc.) con esperienza e competenze, se pur in misura diversa, sia nel campo della riabilitazione che in quello della equitazione.
E’ sempre necessario il coinvolgimento attivo della famiglia del disabile.
A chi è rivolta
In termini moderni, l'ippoterapia trova la sua indicazione, oltre che nelle patologie classiche della paralisi cerebrale infantile, dell’autismo o della sindrome di Down, anche nelle patologie acquisite in conseguenza di traumi correlati alla infortunistica stradale e del lavoro.
Affinché questo metodo di cura risulti efficace e la sua somministrazione sia corretta sotto tutti gli aspetti medici, tecnici e normativi, l'ippoterapia deve essere esercitata da una equipe integrata da personale specificamente qualificato e tecnicamente preparato. Per lo stesso motivo, il luogo destinato a questo tipo di cura necessita di una sufficiente disponibilità di spazi chiusi (maneggio coperto, sala per visite mediche, uffici, sala riunioni, servizi igienici, scuderia, selleria) e di spazi aperti (campo recintato, tondino).
Indicazioni cliniche e controindicazioni
Le indicazioni della riabilitazione equestre abbracciano campi della medicina anche molto diversi tra loro; per semplicità le divideremo per aree specialistiche di appartenenza.
In campo neurologico è indicata in:
• esiti di traumatismo cranio-encefalico sia per controllare il tono posturale che per abbandonare schemi motori globali, di massa a favore di movimenti finalizzati, coordinati e più precisi; risulta utile in questi casi anche per migliorare le difficoltà cognitive, il controllo spazio-temporale e della emotività;
• sclerosi multipla, al fine di migliorare il controllo del tono posturale, dell’equilibrio statico e dinamico, la funzione visiva e l’orientamento spaziale, nonché la sensibilità e la coordinazione;
• esiti di paralisi cerebrale infantile, allo scopo di modificare il pattern posturale da estensorio a flessorio, con controllo del tronco e degli arti inferiori, ridurre l’ipertono, favorire l’equilibrio.
In campo psichiatrico è indicata, per gli effetti cognitivo, comportamentale, relazionale e del linguaggio in:
• forme di vario grado e tipo di insufficienza mentale;
• autismo;
• schizofrenia;
• sindrome di Down;
• diversi disturbi del linguaggio.
In campo ortopedico-traumatologico è indicata in:
• forme algiche post-traumatiche e stabilizzate del rachide dorso-lombare (limitatamente all’andatura al “passo”);
• la coxartrosi in fase iniziale;
• gli esiti a distanza di displasia lieve delle anche.
Esistono anche delle controindicazioni alla riabilitazione equestre che vanno valutate nel singolo caso, sia come patologia associata, sia come grado o livello della malattia principale.
Schematicamente si può indicare non indicata nei soggetti che hanno instabilità o malformazioni del rachide, scoliosi gravi, miastenia, atassie gravi, fragilità ossea. Ugualmente controindicata nelle patologie psichiatriche in cui siano presenti fobie, sia per l’animale che per l’altezza, gli attacchi di panico, gli scompensi acuti, le crisi epilettiche frequenti.
Osservazioni
La particolare andatura del cavallo oltre a rinforzare e a migliorare la tonicità della muscolatura, rievoca la cadenza umana, con grande beneficio per chi non è in grado di camminare. La posizione assunta dal cavaliere in sella migliora l'allineamento capo-tronco-bacino e l'equilibrio, e nei soggetti spastici stimola il rilassamento degli arti. Oltre a favorire la scioltezza e la coordinazione dei movimenti, condurre il cavallo costringe il disabile a migliorare i tempi di attenzione e di reazione. L'essere a contatto con un animale, per sua natura imprevedibile e che reagisce soprattutto ai segnali inconsci di chi lo sta guidando, stimola un serie di attività intellettive come concentrazione, memoria, stabilità emotiva, tranquillità e fermezza di carattere; ed è proprio attraverso la scoperta e lo sviluppo di tali doti che il portatore di handicap, generalmente isolato e poco responsabilizzato, riesce a migliorare il rapporto con se stesso e con gli altri e soprattutto ad acquistare maggiore autonomia.
La cura del cavallo dopo la seduta, parte integrante di questa terapia, sollecita movimenti finalizzati, migliora la coordinazione delle mani e delle braccia, e permette al disabile, tramite un costante rapportarsi all'animale, non solo di acquisire coscienza di se stesso come realtà individuale, ma di appropriarsi anche del proprio schema corporeo.
Scientificamente è stato provato che in molti casi i ragazzi hanno recuperato completamente:
- i prerequisiti scolastici e quindi hanno sviluppato le loro potenzialità sino a poter ri-considerarli del tutto normali;
- le capacità volitive ed applicative che hanno permesso l’integrazione in squadre di calcio e/o in equipe di volley;
- le qualità competitive tanto da poter essere iscritti in gare di equitazione (di gimkana e di salto) con risultati rilevanti anche perché in diverse occasioni hanno superato i coetanei normo-dotati;
- le valenze necessarie per partecipare a passeggiate di country di lunga durata e che richiedono volontà, tenuta, sopportazione della fatica, capacità di superare piccoli e grandi ostacoli anche imprevisti;
- le potenzialità personologiche globali (affettive, cognitive, di adattamento, di problem solving, di controllo del comportamento).